venerdì 8 maggio 2015

Convegno di MN

“Dall'arte alla ricerca: il significato della narrazione in ambito neurologico”


Venerdì 8 maggio 2015


Fondazione Ospedale San Camillo IRCCS - Alberoni Venezia


"The processes of getting ill, being ill, getting better (or getting worse), and coping (or failing to cope) with illness, can all be thought of as enacted narratives within the wider narratives (stories) of people's lives. Narratives of illness provide a framework for approaching a patient's problems holistically, and may uncover diagnostic and therapeutic options. Taking a history is an interpretive act; interpretation (the discernment of meaning) is central to the analysis of narratives (for example,in literary criticism) Narratives offer a method for addressing existential qualities such as inner hurt, despair, hope, grief, and moral pain which frequently accompany, and may even constitute, people's illnesses. The lost tradition of narrative should be revived in the teaching and practice of medicine" (Trisha Greenhalgh and Brian Hurwitz: Narrative based medicine: Why study narrative? ) (BMJ 1999;318:48–50)

Il mondo dell'arte, in particolare della letteratura e del teatro, ha spesso proposto storie di malattia, che conducono a svariate considerazioni, dal significato metaforico dell'ammalarsi, all'impatto della malattia fisica acuta o cronica, dalle conseguenze di un evento che modifica forzatamente la realtà quotidiana, alla ricerca di una cura idonea per la ripresa dello stato di salute. A tale materiale artistico ha spesso attinto il personale sanitario per arricchimento professionale o per la comprensione di alcuni processi patologici. In una visione più storica la descrizione di alcune sindromi neurologiche, psicosomatiche o psichiatriche da parte dei grandi maestri della medicina includeva spesso, per approfondimento e migliore comprensione, anche la storia biografica del paziente che esaminato. La medicina moderna è invece una medicina di organo, se non addirittura di specifiche molecole, fatta di statistiche, la persona intesa come individuo malato rimane sullo sfondo. La medicina narrativa si propone di ristabilire il racconto come elemento fondamentale del colloquio professionale, al centro della relazione medico-paziente, elemento insostituibile del processo di diagnosi e di cura. La narrazione condivisa e reciproca come elemento di partenza per lo sviluppo della relazione terapeutica. Nata negli stati Uniti la Medicina Narrativa è diventata anche in Inghilterra oggetto di studio e insegnamento universitario. Anche in Italia negli ultimi anni è diventata un argomento di interesse trasversale. Nel convegno che si sta organizzando, oltre a presentare la Medicina Narrativa per la prima volta nell'Ospedale di Riabilitazione San Camillo, si vuole proporre una panoramica di interpretazioni, pareri e modalità di applicazione, che aiuti a focalizzare come questa pratica possa portare ad un atteggiamento mentale nuovo e come possa diventare uno strumento di affinamento professionale, se ben condotta. Gli ambiti medici che più possono giovarsi della narrazione del paziente sono quelli dove si trattano le malattie croniche o i centri di riabilitazione, dove la narrazione può assumere anche un significato terapeutico per una “ricostruzione” dell'individuo frammentato dalla malattia e per il ripristino di una soddisfacente qualità di vita. Il racconto di alcune esperienze avviate darà un contributo inoltre su quello che è lo stato dell'arte in ambito nazionale ed europeo.




Programma
 Scarica Programma


10.15 Registrazione

10.30 Apertura congresso
Dr. Francesco Pietrobon - Prof.ssa Annalena Venneri

10.40 Introduzione
Maria Rosaria Stabile



I SESSIONE
Dalle storie e dalla letteratura alla medicina narrativa
Moderatori: Stefania Polvani - Maria Rosaria Stabile

10.45 Medicina narrativa, un ponte tra la clinica e umanesimo
Maria Giulia Marini

11.15 Parole non parlate di un inguaribile vagabondo. Esperienza ipnotica e narrativa di un paziente con malattia dei motoneuroni
Lucia Latte

11.45 Tre colpi di triangolo. Raccontare una giornata con la SLA
Vincenzo Soverino

12.00 Testimonianze e racconti
Stefano Sechi "Giorni" - Lucio Miotto "il primo incontro con il San Camillo"

12.30 Lettura magistrale: Visite di controllo
Paolo Puppa


13.00 - 13.45 Lunch

II SESSIONE
Esperienze e progetti. Prospettive future
Moderatori: Francesco Piccione - Maria Giulia Marini

13.45 NAME: un’esperienza applicata di medicina narrativa a Firenze
Stefania Polvani

14.15 Linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico-degenerative
Domenica Taruscio

14.45 Il progetto Story Telling on Record S.T.o.Re.
Amalia Egle Gentile

15.00 General discussant e take home message
Domenica Taruscio - Stefania Polvani - Amalia Egle Gentile

16.15 Compilazione questionario ECM e chiusura congresso


Maria Rosaria Stabile intervista Francesca Vannini; i suoi commenti in chiusura





ECM

Sono previsti crediti ECM per tutte le figure sanitarie.

Costo iscrizione
€ 40 Regolari
€ 20 Studenti
Deadline martedì 5 maggio 2015

Registrazione

Per partecipare è necessario entrare nel sito www.sinergiaesviluppo.it e cercare l'evento desiderato, cliccare su "iscriviti ora" ed effettuare il login al proprio account o procedere con la registrazione alla piattaforma (se non ancora effettuata). Quindi scegliere il corso e procedere con l'iscrizione, compilando i campi richiesti.
Compilato il modulo si riceve una e-mail di conferma con un codice di iscrizione.
L'iscrizione è validata dal successivo pagamento da effettuare entro 5 giorni dal ricevimento del numero di iscrizione.
Una sintesi della procedura di iscrizione è descritta in questo file.


Sarà possibile registrarsi in loco pagando una quota di iscrizione di € 50. Con la registrazione in loco non sarà però possibile avere i crediti ECM.




Comitato Scientifico
Maria Rosaria Stabile - Annalena Venneri





Organizzazione
Fondazione Ospedale San Camillo IRCCS





Relatori e moderatori

  • Gentile Amalia Egle, Ricercatrice, Centro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità, Roma
  • Latte Lucia, Medico e Psicoterapeuta, Sassari
  • Marini Maria Giulia, Direttore Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD, Milano
  • Miotto Lucio, Scrittore
  • Piccione Francesco, Medico Direttore del Dipartimento di Neuroriabilitazione, IRCCS Fondazione Ospedale San Camillo, Venezia-Lido
  • Pietrobon Francesco, Direttore Generale IRCCS Fondazione Ospedale San Camillo, Venezia-Lido
  • Polvani Stefania, Sociologa, Dirigente ASL 10, Firenze
  • Puppa Paolo, Scrittore, Professore Ordinario di storia del teatro e dello spettacolo alla Facoltà di Lingue e di Letterature dell’Università Ca’ Foscari, Venezia
  • Sechi Stefano, Designer di cinema e teatro
  • Soverino Vincenzo, Vice Presidente AISLA - Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica
  • Stabile Maria Rosaria, Medico IRCCS Fondazione Ospedale San Camillo, Venezia-Lido
  • Taruscio Domenica, Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità, Roma
  • Venneri Annalena, Direttore Scientifico IRCCS Fondazione Ospedale San Camillo, Venezia-Lido



Come raggiungere la sede congressuale
IRCCS Ospedale San Camillo
Via Alberoni 70, Lido di Venezia

    Da Venezia - Piazzale Roma e Ferrovia:
    Vaporetto ACTV n. 5.1 o n. 6 (Fermata Lido)


    Da Venezia Lido - Piazzale Santa Maria Elisabetta:
    Autobus ACTV A per Alberoni oppure n. 11 (Fermata San Camillo)


    Da Venezia - Tronchetto:
    Ferry Boat ACTV linea n. 17


    Da Fusina:(clicca qui per il sito)
    Linea Terminal Fusina per Alberoni - San Camillo (linea diretta per sede convegno)
    Partenza ore 7.30 oppure 9.30 - Ritorno ore 16.10 oppure 18.40




Segreteria Organizzativa
Luca Scattorin
Tel.: +39 041 2207269




Con il patrocinio di:
Istituto Superiore di Sanità          Università Ca' Foscari Venezia
AISLA Onlus         AISM   

Si ringraziano gli Sponsor:
VitalAire   Sinergia e Sviluppo

Giorni

Convegno Medicina Narrativa San Camillo
contributo di (Stefano Sechi)
 
Da una finestra un alto muro grigio a lato, delle finestre di fronte quasi sempre chiuse, un grande albero dalle foglie che andavano ingiallendosi e pian piano cadenti, uno sprazzo di cielo se le serrande fossero state aperte ma la notte erano sempre chiuse, le stelle e la luna si potevano immaginare avendone voglia e io forse l’avevo… 

A Padova in un Ospedale dove seguivo una lunga riabilitazione, in una grande camera, c’era vicino a me un collega d’avventura con problemi abbastanza seri, diventammo un po’ amici, Antonio, così si chiamava, sarebbe partito poi per un lungo viaggio. 

Raccontavo e mi raccontava storie anche lui qualche volta, aneddoti, storie magari inventate, fatti veri.

Gli tenevo la mano, lui non parlava già più, annuiva, sorrideva, spesso rilassando solo il viso. 

Erano storie della mia infanzia, della mia adolescenza, storie sognate di un tempo, di allora e di ora e … continuavo anch’io a sognare… 

Mi aiutò molto questo. 

Anni prima, alla fine degli anni 80, ero per un lavoro a Cinecittà allo “Studio 5”, il Mitico Studio di Federico Fellini (lo conobbi ma non lavorai mai con lui, all’epoca aveva appena finito di girare “Roma”), nel suo studio personale vi erano ancora molti dei suoi vecchi disegni acquerellati. 

Federico Fellini quando parlava dell’origine dei suoi film diceva che erano sovente nati o completati dai suoi sogni: il mattino si svegliava, li ricordava disegnandoli, poi ci rifletteva, magari anni dopo, collegandoli ad immagini raccolte dal quotidiano, alle sue idee che stavano prendendo forma e lentamente nasceva una storia…

Già… il momento dei sogni è sempre un divenire autobiografico.

Qualcuno parlava di autobiografia del sogno…

C’era comunque per Fellini una fase tecnica, realistica, come per voi medici con noi: un intuizione vi porta a dei segni, un percorso di piccoli schizzi veloci in un quaderno di appunti, nonostante le mille barriere che frapponiamo ad una reale presa in carico del nostro malessere.

C’è bisogno di comunicare, di dare un’empirica realtà a ciò che ci passa attorno.

Scoprii già allora, avendo conferma di intuizioni precedenti, l’esistenza di un filo di luce che ci unisce sempre con l’esterno.

Sapere che qualcuno mi raccontava qualcosa mi aiutava, il sapere che potevo farlo anch’io mi inebriava.

Non conosco i percorsi, i processi chimici per cui il cervello si attiva , però… mi incuriosiscono.

Una ragazza, Alessandra, Set Decorator come me, che era stata mia assistente e che mi seguì poi in questo mio percorso, quando le dissi con riluttanza che cosa avevo avuto e perché non partivo più, con senso di liberazione e complicità acquisita, mi parlò di sua madre: donna di grande cultura ma che da quando aveva saputo di avere la S.M. si era chiusa in una specie di autismo, in una voluta assenza di relazioni con l’esterno; mi chiese di provare a parlar con lei.

Non potevo di certo parlare di aiuti psicologici, non ero la persona adatta, o di una ipotetica presa di coscienza di una situazione imprevista ma reale e in ogni caso imponderabile.

Le parlai molto gradualmente di sua figlia, del nostro lavoro.

Avevo metabolizzato in quei momenti che noi siamo come i bambini, anche noi che siamo e crediamo di essere adulti e che crediamo di capire dentro lo siamo tutti,sotto aspetti diversi.

Capii come per poter parlare tra di noi e con tutti, fosse necessario usare parole quasi elementari, essenziali, più le frasi sono semplici più sono condivise, in un procedere per immagini, per metafore leggibili.

Le mie erano piccole storie quasi fiabesche, mi veniva istintivo l’immaginarle, come con mia figlia piccola per farla addormentare.

Per me e per lei poi diventavano reali e lei lentamente e con fatica mi raccontava altre storie, qualche volta personali.

Le raccontai di quando, molti anni addietro, ci trovavamo in Sicilia: stavamo lavorando ad un lungo film da mesi, era estate piena con un torrido caldo, eravamo in un altopiano della Sicilia, per la maggior parte brullo, aspro e roccioso con piccole colline e molti anfratti.

Eravamo lì dalla mattina e ci eravamo accampati per la notte, sotto la luna e le stelle, in una specie di cerchio provvisorio, attendendo, esausti, assonnati e accaldati, l’alba per girare alcune scene.

Quando Alessandra all’improvviso mi scosse dal mio letargo: quasi urlava terrorizzata, "Ho paura! Là! Làà!".

Un Uomo Nero si muoveva sotto la diafana luce, tra le piccole tende, tra i corpi dormienti, una specie di enorme Orango, un mostro silenzioso e dondolante. 

Svegliammo gli altri già allarmati dalle urla della mia assistente.

L’Orango risultò essere uno degli operai, “manovali” si chiamavano in gergo, che vagava nella notte cercando dell’acqua.

Da allora ogni volta che telefonavo alla madre di Alessandra lei mi chiedeva sempre dell’Uomo Nero e voleva sempre maggiori dettagli.

Con la mia amica tuttora ci sentiamo spesso e ricordando l’Uomo Nero ne ridiamo ancora.

La madre è sempre a Roma, ha trovato altre strade più concrete che semplici telefonate, credo che parli con tutti, che scriva e che continui a sognare.

Queste conversazioni spesso surreali sono servite a lei?
 
E a me?

Noi pazienti ci troviamo immersi in una realtà asettica, siamo praticamente impermeabili agli studi e agli avvenimenti esterni, non però refrattari.

Ci preoccupiamo, anzi ci occupiamo, del quotidiano attraverso le mille abitudini acquisite: abitudini del vivere, abitudini al cibo, abitudini al dolore, alle paure, abitudini alle relazioni, rumorose, silenziose o catatoniche che siano.

Spesso ci potrebbe bastare un piccolo diversivo, come nei film gialli, nei polizieschi, nelle guerre anche vere, per riuscire ad estrapolare una realtà non codificata, come l’Uomo Nero e seguire captando il tenue bagliore di luce di novità o di curiosità, urlando nello stesso tempo il nostro essere.

Avere e creare un “filo rosso” con l’esterno e con l’interno.

Un “filo rosso” è una luce, è il sangue, è una soglia che ci protegge e ci unisce, è la vita, è un cordone ombelicale.

Federica Marangoni, artista contemporanea, che ha lavorato spesso con Fabrizio Plessi, a Ca’ Pesaro, Museo d’Arte Moderna a Venezia, in occasione della Biennale D’Arte 2015, ha creato sulla facciata del grande Palazzo una Linea Rossa, uno Squarcio profondo dal tetto che esternamente divide la facciata per poi sparire immergendosi all’interno: una linea di Comunicazione, una Frattura su cui si medita profondamente.

Negli anni 90 disegnai per una casa oggetti, mobili, luci, tende e mobili da giardino, tutti con un piccolo o lungo filo rosso; Prada lo usa spesso nella moda. Un “distinguo” da analizzare.

Il “filo rosso” è sempre un riferimento, uno spartiacque, una curiosità, un segno.

Noi cosiddetti pazienti, cerchiamo appunto un segno da seguire : lo sono i graffiti preistorici, le architetture, le parole, il cinema, la pittura, l’arte in genere, le emozioni, e la ricerca.

Le codificazioni e le analisi tecniche è probabile vengano dopo le intuizioni e dopo la creatività.

Il desiderio, un battito di ciglia, delle ali d’aquila che ondeggiano in alto nel cielo, dei colibrì quasi invisibili sui fiori, un giardino che cresce e che cambia, delle immagini che svaniscono e si ricompongono, dei sogni che ricordiamo, delle parole che si raccontano e che si ascoltano, che si fanno o non si fanno nostre, che ci apparterranno un giorno, sono sempre segni.

Nel Mito Greco di Orfeo e Euridice, Orfeo voleva riportare Euridice morta a causa di un morso di serpente, dal profondo Tartaro in cui era stata relegata, sulla terra.

Avrebbe potuto farlo solo se lei avesse seguito la sua Musica, la Lira con cui Orfeo incantava gli uccelli, gli animali della foresta e le querce che danzavano. Orfeo sarebbe riuscito con il suo dolce suono a riportare in vita la sua amata Euridice, ma, lui non si sarebbe Mai , Mai, dovuto voltare per vederla, non avrebbe potuto neanche per un solo istante gettare uno sguardo su di lei…

Ma Orfeo all’ ultimo istante si voltò e Euridice tornò negli Inferi.

Non mi dilungherò sulla sorte di Orfeo, ucciso e smembrato dalle Menadi.

La sua testa mozzata e vagante nel Mare Egeo continuò ad ammaliare il mondo con sua suadente melodia fino all’Isola di Lesbo dove sorse un Oracolo in suo onore, famoso all’epoca come e più dell’Oracolo di Delfo.

Qualcun altro parlava dei nostri Miti e Archetipi… La musica di Orfeo è un “Filo Rosso” ante litteram presente in noi.

Cerchiamo di non girarci e se per caso dovessimo farlo pazienza…saremo curiosi della nostra Euridice e del Tartaro, potremmo un domani trovarne un’altra, inventarla, incontrare anche Ade…

Scoprire un nuovo mondo, attendere un altro filo o un sogno… 

Stefano Sechi

Il mio primo incontro con il San Camillo

Convegno Medicina Narrativa San Camillo
contributo di (Lucio Miotto)

Non posso raccontare dell’ incontro con la medicina narrativa senza parlare, per sommi capi, della mia infanzia e giovinezza.
Sono nato con il labbro leporino e il palato aperto, nel gennaio 1955. La mia esistenza fu subito segnata da quella malformazione.
Ho avuto una nonna eccezionale: lei mi ha insegnato a leggere e scrivere all’età di cinque anni. Ricordo ancora le sue parole:- Tu devi essere più bravo degli altri a scuola. – Sta di fatto che, quando a sei anni sono andato alle elementari, ero già in grado di leggere e scrivere.
Amavo leggere e già in terza elementare leggevo “Il piccolo principe” “Zanna bianca” “Peter Pan” e un libro sulla prima guerra:” Il piccolo alpino.”
Alle superiori ho conosciuto autori come Pavese, Gozzano, Corazzini, Leopardi: questi grandi della letteratura sono nel mio cuore per la semplice ragione che anche loro hanno dovuto fatto i conti con problemi fisici e della psiche.
In gioventù scrivevo quasi sempre delle mie esperienze di gioco, delle mie amicizie, poche a dire la verità, delle malattie, soprattutto di quelle: era il mio modo per superare le difficoltà.
Naturalmente queste pratiche, diciamo, nessuno me le aveva consigliate e tanto meno ordinate da qualche medico.
Ecco la genesi della mia richiesta di usare il computer: qualche anno fa, in seguito ad un’emorragia cerebrale, avevo la parte destra del mio corpo paralizzata, non riuscivo a parlare bene o a completare una frase per cui avevo pensato che l’uso del computer potesse essermi utile.
La prima seduta dedicata alla scrittura durò la bellezza di 10 minuti. Fu un modo un po’ inconsueto di rendersi conto che non ero in grado di fare niente.
Anche scrivere era un problema: pensavo ad una parola e ne scrivevo un’altra, oppure, rimanevo bloccato perché non ricordavo come si scriveva una tal parola, anche se conoscevo benissimo il significato ma, soprattutto, mi stancavo subito.
Avevo bisogno di raccontare la mia esperienza ma, non riuscivo a farlo: era troppo per me, allora, riuscire a descrivere un fatto, uno stato d’animo, una casa, un uomo o donna. E poi, dovevo imparare l’uso della mano sinistra.
Con l’aiuto della logopedia sono riuscito a recuperare molto di quello che avevo perso.
A modo mio sono riuscito anche a descrivere la malattia ma soprattutto ciò che ricordavo immediatamente prima dell’emorragia.
E’ stato un periodo durante il quale ho vissuto grossi conflitti e sembrava che non ne venissi a capo: alternavo momenti di lucidità a momenti di perdita della memoria, periodi nei quali vedevo tutto positivamente a periodi in cui tutto era negativo.
L’unica cosa che volevo fare e che mi dava pace era scrivere.
Non so misurare l’incidenza della medicina narrativa sul mio percorso di guarigione, quello che so è che aver potuto usare il computer e soprattutto l’aiuto ricevuto da alcune logopediste sono state determinanti sulla mia volontà di guarire. Voglio qui citare la dott.ssa Battel, anche la dott.ssa Vannini con le sue tecniche.
E’ stato bellissimo quando ho terminato di raccontare, con parole scritte, la mia esperienza di paziente del San Camillo. Sentivo che da quel momento potevo iniziare un nuovo percorso di vita.
Vorrei concludere dicendo che, per l’esperienza fatta, non è possibile standardizzare un percorso di reintegrazione nella società: ogni uno ha il suo, basta trovarlo.
Entrano in gioco anche soggetti diversi da quelli sanitari, mi riferisco alle strutture sociali esistenti nel territorio.
Su questo aspetto si aprirebbe un capitolo che, purtroppo, è alquanto dolente, ad essere buoni. Non è, comunque, questa la sede per affrontare questioni attinenti all’integrazione, mi riferisco al lavoro e allo studio per i disabili.
Concludendo, posso affermare che il mio percorso per il recupero neurologico è, senza dubbio, un percorso strettamente legato alla medicina narrativa.
Lucio Miotto