Film




ESPERIENZA 3D




AVATAR non è un film è un' esperienza. La trama del film è in realtà molto semplice e si sviluppa attraverso una tecnologia futuristica che permette a 2 mondi differenti di entrare in contatto, è dinamica piena di azione e profonda allo stesso tempo, e molto gentile riguardo al rispetto e al legame che c’e fra le creature. Protagonista principale è un ragazzo disabile che si ritrova a vivere in un corpo funzionante.

Non nego che questo mi ha messo decisamente di buonumore. Se capitasse a me credo che mi agiterei come un albatros sulla terraferma. Durante i primi fotogrammi i miei neuroni hanno fatto un tantino a cazzotti poi sono stata “catturata” da un altro pianeta. Che era e non era Pandora.
La motivazione che mi spinge a parlare di questa esperienza è l’ emozione che ho provato durante tutta la durata della proiezione. Sei immerso nel film e ti riempie l'anima, il cervello cambia dimensione, gioisce, non riesco a descrive altro, è indescrivibile. La tecnologia 3D proietta in una dimensione che mi ha stupito, al di là della trama. Il paesaggio è così bello che in alcuni momenti ti ritrovi istintivamente a cercare di girarti per vedere bene una zona dello scenario, certe parti sono palpabili te le senti addosso vorresti non finissero mai. Io l’ho notato perché i movimenti non li ricerco più se non nelle sedute di fisioterapia, sarebbe inutile e troppo complicato anche solo a pensarci, eppure immersa nel 3D il pensiero era ben disposto, non mi sarei comunque mossa ma la sensazione è stata piacevole. Per vedere completamente le scene avrei bisogno di rivederlo altre 3 volte, poiché mi sono persa nei particolari dell’ atmosfera gravitazionale. Non credo di esagerare, ma a una persona come me farebbe bene vedere un film in 3D almeno una volta alla settimana. Analizzandolo successivamente, posso dire che mi ha fatto simulare e fatto ri-percepire il senso dell’equilibrio. Mi sono sentita in mezzo ai personaggi, il primo piano è come una fusione dei piani, a volte quasi mi sentivo un incomodo sulla scena, seduta su una comoda poltrona ma al tempo stesso lì, è pazzesco.
Il senso di naturalezza del movimento ti entra dentro senza che tu faccia nulla, non devi pensare a ciò che devi fare, alla sequenza logica dei movimenti, da strappare con i denti, mettendoci forza mentale in quantità industriale, ritrovandoti a digrignare i denti, ma lo fai e basta. Ti dimentichi di essere pesantemente seduto e nel mio caso di cadere a destra, dimentichi i muscoletti che ti trascinano il busto da una parte. Anche quando vivo una situazione piacevole esco dalla mia condizione e mi scordo delle tensioni muscolari o di altri disturbi collaterali del “cervello guasto”, ma questa volta è stato tutto accompagnato da una sensazione di leggerezza e spazialità. In tanti anni di sedia la terza dimensione l’ho percepita solo con lo sguardo e in questa occasione me ne sono resa conto.
E’ stata una piacevole scoperta ritrovare una percezione che negli anni era scomparsa lentamente, come un ingrediente nascosto che dà tutto un altro sapore. Questo mi ha rapito e sconvolto allo stesso tempo. Come può una sensazione cambiare radicalmente la maniera di percepire se stessi?
Io mi sono sentita diversa, sollevata.

Probabilmente sono entrata in confusione, alla ricerca di una spiegazione più vera più reale. La mia attenzione nel tempo si è incanalata, così da diventare ripetitiva e noiosa. Quando ti fermi perdi più del movimento, più del posto in società, perdi anche il modo di percepirti.

E’ forte la consapevolezza di avere lasciato indietro tante cose senza sapere quante possano essere, e solo a livello di sensazioni. Ora aspetto un nuovo film per ricercare e ritrovare nuove sensazioni, per fare ordine, aggiungendo qualcosa di nuovo alla libreria di sensazioni che si è dimostrata incompleta.




Recensione di Giuditta